Grazia Marchianò

Il modello di perfezione sarà la natura stessa a fornirlo; nei suoi cicli di nascita, crescita, proliferazione, decadimento, estinzione, il mondo vegetale nella dottrina del Loto è considerato una sorta di yoghi involontario: nascendo intraprende la sua disciplina, porta a frutto la capacità di generare, avvizzisce e si spegne in un circolo di rinascita che non ha fine. In questa prospettiva il rapporto uomo-natura invalso nel regime dei ‘dualismi occidentali’ è rovesciato: non è l’uomo misura del creato e culmine della scala dei viventi, ma è la natura nel complesso a essere misura a se stessa, modello di un ‘risveglio’ che per l’uomo invece è conquistato a fatica. La natura buddhica dell’universo, nella dottrina del Loto, non distingue tra un’ameba, una stella o un uomo. Dice Kûkai: “Il corpo del Buddha è il corpo di tutti gli esseri, e il loro corpo è quello del Buddha. Diverso eppure identico. Non diverso eppure non tale”.

Man is not the measure of the cosmos and the creation at the top of the hierarchy of living entities, but it is nature in its totality that is the measure of itself, the model of a reawakening that humans attain with effort. According to the doctrine of the Lotus, the Buddhist nature of the universe makes no distinction between an amoeba, a star or a human being.

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